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    14/04/2020  


Ius postulandi in capo al procuratore dell’appellante ed onere probatorio di conferimento incarico professionale tra le Parti del giudizio  


   
    Con recentissima sentenza del 6/3/2020, pubblicata il 3/4/2020, la Corte d’Appello di Lecce, a riforma totale della pronuncia del Tribunale di Lecce, ed in accoglimento della doglianza formulata dall’appellante nostra Cliente, non solo è tornata sull’argomento dell’onere probatorio di conferimento incarico professionale tra le Parti del giudizio instaurato, ma ha inoltre statuito con riferimento circa alla presunta carenza di ius postulandi in capo al procuratore dell’appellante.

Riguardo quest’ultimo preliminare aspetto, la Corte d’Appello ha condiviso la giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui "lo scioglimento di un’associazione non riconosciuta – nel caso di specie, nostra Cliente appellante –, verificatosi nelle more del giudizio di primo grado, non ne determina l’automatica perdita della capacità di stare in giudizio, permanendo in vita l’associazione quale centro di imputazione di effetti giuridici in relazione a tutti i rapporti ad essa facenti capo e non ancora esauriti (cd.principio di “ultrattività” dell’associazione disciolta) tramite i precedenti titolari degli organi esponenziali in carica alla data di scioglimento, operanti in regime di prorogatio (nella specie la S. C. ha ritenuto legittimato il legale rappresentante in carica al momento dello scioglimento dell’associazione professionale a rappresentarla in giudizio) (così Cass. civ. Sez. III 27.11.2018 n. 30606). Nel caso di specie, dunque, l’associazione, sia pur estinta, risulta ritualmente rappresentata nel presente giudizio da (omissis), Presidente e legale rappresentante dell’ente al momento della sua estinzione, la quale, in calce all’originale dell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, ha conferito mandato all’avv. (omissis) anche con riferimento al giudizio d’appello. Ne consegue che l’eccezione va rigettata.”Quanto al merito della vicenda per la quale è stata interessata la Corte d’Appello, quest’ultima ha poi riconosciuto la fondatezza delle censure dell’appellante avverso la decisione del Giudice di prime cure che aveva ritenuto erroneamente provato - sulla base della fattura allegata dall’odierno appellato in sede di procedimento monitorio (poi opposto) e della produzione effettuata su supporto informatico - che lo stesso avesse svolto, su incarico dell’Associazione, attività consistente nella raccolta fondi, pubblicità su schermi televisivi, produzione e post produzione di materiale fotografico e sul sito dell’ente.

A fronte delle lamentele dell’appellante, secondo la quale mancava viceversa non solo la prova del conferimento da parte dell’associazione di qualsivoglia incarico professionale, non avendo l’appellato “neppure indicato il soggetto persona fisica dal quale sarebbe stato officiato per conto dell’Associazione”, ma mancavano “altresì la prova documentale delle spese (omissis) che l’opposto/odierno appellato ha dedotto di aver sostenuto”, così come il contratto di sponsorizzazione, asseritamente stipulato, “relativo alla pubblicità che sarebbe stata effettuata” per l’evento culturale promosso dall’Associazione, la Corte d’Appello, ritenendo appunto tali lamentele fondate, evidentemente sulla scorta del c.d. principio dell’onere probatorio, ha ritenuto di non condividere le argomentazioni del Tribunale di primo grado secondo il quale l’opposto/appellato avrebbe “fornito la prova del diritto di credito azionato in via monitoria, sulla base della documentazione prodotta in atti, con particolare riferimento alle fatture e alla produzione su supporto informatico".

Con riferimento a tale ultimo punto, la sentenza in commento (con ciò uniformandosi a costante giurisprudenza), ha affermato anche che “Per completezza di indagine va dato atto che alla fattura dell’appellato non può essere riconosciuto alcun valore di prova nel presente giudizio, potendo essa costituire idonea prova del credito solo nella fase di emissione del decreto ingiuntivo. Sulla base delle argomentazioni sopra svolte, l’appello va dunque accolto e il decreto ingiuntivo va revocato.”, con condanna dell’appellato alle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio.
 


Corte d’Appello di Lecce - Sez. II Civile, sent. n. 311/2020, 03/04/2020  


   


   


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